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ASTA N°34

lotto 167

  • Viti Eugenio (Napoli 1881 - 1952) La schiena olio su tela, cm 65x38,5 firmato in basso a destra: Eugenio Viti Esposizioni: Napoli, 1952; Napoli 1955 Bibliografia: Mostra di pittura dell'Ottocento,Galleria Lauro, Napoli 1952, Cat. n° 78; Mostra di pittura dell'Ottocento, Galleria Lauro, Napoli 1955, Cat. n° 44; M.P. Petrusa, Eugenio Viti, Paparo Edizioni, 2007 n°195 tav. 42


    Proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Volpe e Cammarano, Eugenio Viti si sposta inizialmente a Roma dove entra in contatto con gli esiti delle Secessioni europee, presenti nelle mostre della Società Amatori e Cultori di Belle Arti. Difatti nel 1909, rientrato a Napoli, è fra gli organizzatori della I Esposizione Giovanile d’Arte che Paolo Ricci ribattezzò come “Secessione di ventitré”. Nelle sue opere di questo periodo la critica individua una “tavolozza che dai pochi colori deduce effetti sorprendenti e verità luminose” (B. Chiara, in «La Tavola Rotonda», 28 novembre 1909). È certamente attraverso il suo maestro Vincenzo Volpe (che fu anche direttore dell’Accademia napoletana), membro del comitato di accettazione delle opere, che Viti riesce a prendere parte alla Esposizione Universale di Bruxelles del 1910. Qui ha la possibilità di vedere da vicino le opere di artisti del calibro di Vuillard e Matisse; da questo confronto sviluppa una accesa tavolozza e una nuova stesura a taches che ricordano anche i dipinti di Vlaminck e Derain. È nel dipinto Calvario del 1922 che avviene la svolta verso una maniera basata su forti contrasti chiaroscurali, in cui l’elemento luminoso prorompe drasticamente dal fondo scuro, presupponendo una rinnovata attenzione alla pittura del Seicento napoletano, filtrata attraverso il suo vecchio maestro Michele Cammarano. In quest’ottica partecipa nel 1929 alla Galleria Pesaro di Milano, in una mostra che vede riuniti nove artisti napoletani, con un nucleo di opere fra cui La schiena. Ritenuto uno dei maggiori capolavori, La schiena, un dipinto a olio su tela di cm 105x80, esposto numerose volte anche in sede internazionale, viene replicato dall’artista nell’opera qui proposta di dimensioni inferiori. In questa seconda versione, ascrivibile presumiamo allo stesso 1929, il maestro produce delle differenze ampliando il taglio compositivo che consente l’osservazione di qualche altro dettaglio della nuda stanza, come il brano di natura morta sulla destra, e allontanando di conseguenza il pur stretto punto di vista, focalizzato sul corpo della modella, la nobile Lodoviska Sanfelice di Bagnoli, del quale l’artista esalta le lunghe braccia oltre la magra schiena. La materia pittorica pastosa, che dà corpo agli elementi in primo piano e a quel panno bianco del risvolto della parte superiore dell’abito abbassato fino in vita, sottolinea con tutta la sua massa le forti lumeggiature che si riscontrano in altri nudi degli stessi anni, come le versioni di Sibilla, ritratti di Lodoviska a mezzo busto, i nudi femminili distesi, fino ai simili busti muliebri di Riflessi nello specchio e del più noto dipinto L’album bianco, del 1929, tutti in collezioni private napoletane. Al “franco caravaggismo” sottolineato da Paolo Ricci bisogna aggiungere quell’accento novecentista di solidità formale di cui si colora, in una sorta di identità nazionale, molta produzione degli artisti napoletani degli anni Trenta e che condurrà nel percorso di Viti a una maggiore sospensione metafisica che nell’anno successivo sarebbe divenuta la nota peculiare di Lucilla. 

     Isabella Valente

Stima €10000 - €15000
Informazione asta 28/05/2011 19:00