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ASTA N. 108

lotto 242

  • Palizzi Giuseppe (Lanciano, CH 1812 - Passy 1888)
    Ritorno dai campi
    olio su tela, cm 35x52
    firmato in basso a destra: Palizzi
    a tergo cartiglio: Esposizione VI Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma, Roma 18 Dicembre 1951 - 15 Maggio 1952; cartiglio Esposizione L'Arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia, Roma 1953

    Provenienza: Coll. Armiero, Napoli; Coll. privata, Napoli; Coll. privata, Bologna
    Esposizioni: Roma,1951-52; Roma, 1953
    Bibliografia: VI Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma, catalogo dell'esposizione, De Luca Editore, Roma, 1951; Mostra dell'Arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia, catalogo della mostra Roma Marzo-Maggio 1953, De Luca Editore, Roma, 1953, p. 45


    Quando Giuseppe Palizzi (il maggiore, tra gli artisti della nota famiglia) posò per la prima volta il proprio piede in Francia, tra il 1844 ed il ’45, egli aveva già rotto ogni legame (ufficiale, per lo meno) con la vita artistica di Napoli, ambiente dove il giovane (ma nemmeno troppo, considerando la sua ammissione nel 1835 al Real Istituto di Belle Arti con dispensa sull’età) artista abruzzese oscillò sempre fra il paesaggismo dell’ultima Scuola di Posillipo, allora ormai artefice più che altro di bei manufatti artistici per raffinati turisti, e quello nascente storico-romantico, reagendo dunque rispettivamente agli insegnamenti accademici prima di Anton Sminck van Pitloo, poi di Gabriele Smargiassi.
    Fu tuttavia il progressivo tendersi dei rapporti proprio con quest’ultimo artista, non solo per questioni estetiche ma anche politiche, a spingere in via definitiva il Palizzi al proprio trasferimento.
    Parigi era allora, in quanto centro culturale del tempo, notoriamente meta prediletta di artisti da tutto le parti del globo tanto più per coloro i quali, come Giuseppe, rincorrevano la bella vita ed i gusti più à la page. Il nostro tuttavia prese la felice decisione di trasferirsi in via definitiva a Passy (allora non ancora parte della capitale), nei pressi della foresta di Fontainebleau, ove erano soliti incontrarsi al tempo i membri della scuola di Barbizon (spostatisi da Marlotte): la lunga e solida amicizia che nacque dunque fra costoro ed il Palizzi dipese allora certamente da motivazioni personali e ancora una volta politiche (i barbizonniers furono quasi tutti carbonari, così come i membri della famiglia dell’artista abruzzese), ma fu innanzitutto per la straordinariamente simile ricerca estetica, cioè per l’attento studio del vero naturale, che Giuseppe riuscì a recepire il messaggio di Rousseau, Daubigny, Charles Dupré, ed a farlo proprio.
    Se la definitiva adesione alla scuola di Barbizon si concretizzò con “L’accampamento degli zingari”, notato dai critici del Salon parigino del 1848 (il primo dei tanti cui il Palizzi prese parte) per gli straordinari effetti del chiaroscuro, più tarda deve essere evidentemente l’opera qui in esame. L’impianto chiaroscurale, ben visibile dunque tanto nella seconda che nella prima opera, Giuseppe in effetti lo ereditò da memorie antiche, dal «naturalismo nordico» di cui ha parlato anni fa Roberto Longhi, insomma dalla pittura olandese che storicamente riscontrò particolare e singolare successo presso il gusto dei Napoletani (di più tarda influenza partenopea, in particolare di scuola posillipiana, fu pure del resto la costante tendenza palizziana all’idillio, al trasfigurare cioè romanticamente la semplice vita campestre, come può evincersi qui dalla serena atmosfera in cui stanno sospesi il pastorello con le sue capre); alle calde intensità olandesi, pervase da tinte rugginose, il nostro tuttavia oppose – anche e chiaramente nella tela proposta – la «maggior densità di luci fredde e di ombre vellutate e profonde, giocando fluidamente coi verdi, coi bruni e col nero, a pennellate larghe e costruttive» (Alfredo Schettini), queste ultime senza dubbio mutuate dai sodali francesi.

Stima €6000 - €9000
Informazione asta 03/12/2016 17:00