Altamura Francesco Saverio (Foggia 1822 - Napoli 1897)
Il vaso di Basilico
olio su tela, cm 115x55,5
firmato e datato in basso a destra: S. Altamura 1885
a tergo cartiglio Gall. Pesaro, Milano; timbro Duca di San Donato; cartiglio coll. Cipriano Cipriani
Provenienza: Gall. Pesaro, Milano; Coll. Duca di San Donato, Milano; coll. C. Cipriano, Milano; coll. privata, Roma; coll.privata, Napoli
Esposizioni: Galleria Pesaro, Milano 1930 Bibliografia: E. Cecchi - G. Miranda, La raccolta del Duca di San Donato di Napoli, Tumminelli Editore, Milano 1930, tav. LXXXVIII N. 201
Nel ricercare le origini dell’arte pittorica di Saverio Altamura ci si dive rivolgere, nel corso degli studi compiuti dall’autore presso il Real Istituto di Belle Arti di Napoli, non al suo maestro Camillo Guerra quanto piuttosto ai coetanei compagni d’accademia, in particolare alla forte personalità di Domenico Morelli che fin dalla giovinezza fu solito attrarre a sé ed ai suoi ideali tanti pittori di scuola napoletana.
Col Morelli Altamura condivise la temperie che al tempo generalmente permeava tutti i giovani intellettuali ed artisti impegnati nei moti
risorgimentali, dedicandosi entrambi al grande filone della pittura di Storia in cui racchiudere metaforicamente i nuovi ideali libertari; a questa
grande tradizione il nostro autore rimase poi in sostanza sempre fedele, propugnando un’arte a soggetto mossa dal concetto piuttosto dal pennello
(laddove l’amico di sempre prese presto ad evolversi verso una ricerca volta principalmente alla sperimentazione coloristica).
Partecipe dei moti quarantotteschi l’Altamura fu incarcerato e condannato a morte, riuscendo poi a salvarsi solo grazie ad un salvacondotto che
l’obbligò ad un lungo esilio in Firenze, ove entrò nella cerchia di Giovan Pietro Vieusseux legandosi particolarmente a Sir Frederic Leighton,
talentuoso promulgatore in Italia degli ideali preraffaelliti.
Non deve passare in sordina quest’amicizia per la piena comprensione dell’opera qui proposta, poiché possono contarsi più versioni del suo stesso
soggetto proprio per mano dei vari membri della celebre Confraternita britannica d’età vittoriana: una in particolare di W.H. Hunt (1846) potrebbe
esser stata di conoscenza dell’Altamura, se le protagonista delle due scene sono colte nella medesima posa (in aggiunta Altamura tuttavia seppe
anche ricreare un ampio ambiente tridimensionale arricchito da un virtuosistico scorcio prospettico). La scelta del Decamerone di Boccaccio può
comunque anche ricondursi ai circoli risorgimentali italiani, che usarono vedere nei primi poeti in volgare (specialmente in Dante) i padri di
una comune lingua italiana e dunque gli anticipatori degli ideali unitari. Brevemente, la quinta novella della quarta giornata narra di Lisabetta da
Messina, innamoratasi contro il volere dei suoi fratelli del giovane Lorenzo, il quale verrà pertanto ucciso; apparso tuttavia in sogno all’amata, le rivelerà il luogo della sua sepoltura e lei, ivi recatasi, decapiterà il cadavere (scena curiosamente abbozzata dall’Altamura nella parte inferiore del suo dipinto, quasi ad emulare le predelle medievali) per nasconderne poi la testa in una pianta di basilico; i fratelli di lei scopriranno ugualmente il fatto e si sbarazzeranno della pianta dandosi poi alla fuga verso Napoli per non incorrere nelle ritorsioni dei locali, e abbandonando così la protagonista
che si lascerà morire in solitudine.