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ASTA N. 121

lotto 48

  • Dalbono Edoardo (Napoli 1841 - 1915)
    L'arrivo della tempesta
    olio su tela, cm 58x96
    firmato in basso a sinistra: E. Dalbono
    a tergo: timbro Coll. Mele, Napoli

    Provenienza: Coll. Mele, Napoli; Coll. privata, Napoli

    Edoardo Dalbono rientra in quella categoria fortunata di artisti i quali non ebbero la stretta necessità di frequentare accademie per intraprendere il mestiere, magari patendo la fame per mantenersi negli studi, poiché nato in una famiglia che poteva vantare numerosi letterati fu avviato al mondo della cultura fin dalla più tenera età, seguito da precettori o più semplicemente dal padre, dipendente pubblico e poeta estemporaneo; questa figura fu in effetti determinante per il futuro del Dalbono, il quale innanzitutto principiò la propria produzione artistica con piccole illustrazioni ispirate proprio agli scritti folcloristici del padre, poi fu grazie ai contatti di quest’ultimo col mondo dell’Arte se il giovane pittore poté conoscere i maestri napoletani Giuseppe Mancinelli e Nicola Palizzi.
    Tutta la differenza intercorrente tra i due pittori di riferimento del Dalbono si riscontra nelle prime sue opere esposte, oscillanti tra composizione storica e paesaggismo naturalistico (San Luigi re di Francia soffermatosi sotto di una quercia rende giustizia ad una famiglia che riverente a lui ricorre, oggi irreperibile, e Studio di un mulino). La seconda tendenza dominerà poi di fatto la maggior parte della produzione dell’artista, tutto rapito dalle vedute campane, riprodotte principalmente seguendo dittami e metodi della Scuola di Posillipo. Dalbono può tuttavia a ragione considerarsi un radicale innovatore rispetto alla cerchia di Gigante, se superò di fatto la più stretta adesione alla realtà per elevarsi invece ad atmosfere più oniriche e trasognate, pertinenti piuttosto alla dimensione del mito: è proprio poetizzando il mondo naturale che l’artista pervenne alla sua opera probabilmente più famosa, La leggenda delle Sirene, pluripremiata e di grande successo presso i collezionisti (tanto che se ne moltiplicarono a dismisura le riproduzioni).
    È noto inoltre quanto il mercato del tempo apprezzasse le rappresentazioni dei luoghi simbolo del Grand Tour, così accadde che Dalbono (come altri suoi contemporanei) fu contattato da Goupil (per intercessione di Morelli e De Nittis) che lo volle in esclusiva per ben nove anni; il trasferimento a Parigi fu tuttavia molto difficoltoso e sofferto ed il nostro non smise di scrivere nella propria corrispondenza quanto gli mancasse Napoli e soprattutto il suo mare ed i suoi colori. Logico allora che dopo l’agognato ritorno in patria l’artista non volle allontanarsene mai più fino alla fine dei suoi giorni, affiancandosi intanto alla tradizionale attività pittorica quelle assai ricche di decoratore (nell’ambito dei progetti legati al Risanamento), illustratore (principalmente per l’Illustrazione italiana) nonché di critico storicoartistico (celebre la sua commemorazione di Morelli). Uno tra i molti scritti dedicatogli dopo la sua scomparsa definisce Dalbono “il pittore della luce”, ed in effetti a ben guardare l’intera sua produzione si nota facilmente come il suo sguardo in fin dei conti si sia posato là dove batteva più forte il sole, o comunque dove bagliori chiari esaltassero le forme altrimenti inghiottite dall’oscurità (basti pensare alle eruzioni vesuviane), in una trasfigurazione (verso il mondo del sogno, si diceva) del percepito che viene restituito al compiaciuto spettatore nei suoi aspetti più vivaci, più seducenti, in sostanza più belli. Non fa eccezione l’opera proposta, che è del resto la declinazione di un tema assai caro all’ autore secondo poi il suo stile più caratteristico: la marina partenopea, con quella “curva vaghissima del golfo” (per citare il critico Pica), con le sue barche ed i suoi pescatori, si stende dinanzi l’osservatore sul mare piatto baciato dal sole, del tutto simile a quel che può vedersi nella spesso documentata Nel porto di Napoli o nella Festa della Madonna del Carmine; l’unico possibile disturbo è quella tempesta che dà il titolo alla tela, burrasca che è appunto solo in potenza e non ancora in atto proprio per non sconvolgere la ridente veduta, ma che del resto occupa la maggior parte della composizione offrendosi all’autore come occasione per sbizzarrirsi in una serie di sfumature coloristiche delicate e trasognanti che, come nell’opera Mare a Torre Annunziata esposta alla Prima Internazione di Venezia, culminano a partire dai più freddi celesti in un susseguirsi di rosa, aranci, gialli che sottintendono un sole invisibile allo spettatore ma pronto, dopo il maltempo passeggero, a risplendere nuovamente.

Stima €14000 - €18000
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N° offerte 2
Informazione asta 25/11/2017 19:00