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ASTA N° 41

lotto 145

  • Migliaro Vincenzo (Napoli 1858 - 1938) Porta Capuana olio su tela, cm 82x56,5 firmato in basso a destra: Migliaro Bibliografia: V. Pica, Artisti contemporanei: Vincenzo Migliaro, in «Emporium», XLIII, n. 255, Bergamo 1916, p. 182. 


    Il Migliaro ritrovato 



    L’eccezionale dipinto Porta Capuana è uno dei capolavori di Vincenzo Migliaro centrale nel percorso intrapreso dall’artista che fa dell’osservazione di Napoli il nodo essenziale della propria poetica. L’indagine della città fino a giungere nelle sue viscere lo induce a una totale compenetrazione nella sua identità. È questa la produzione che caratterizza il vero Migliaro, quella della tele di San Martino, dei vicoli di Santa Lucia, delle strettole che tagliano il fitto ordito di cardini e decumani nel cuore del centro storico della città.
    Porta Capuana si inserisce in questo percorso. Il recupero di quest’opera, pubblicata da Vittorio Pica in un lucidissimo articolo di critica comparso su «Emporium» nel 1916, permette di riappropriarci del tassello centrale della conoscenza di una personalità artistica oggi frammentata in tante diverse produzioni. Migliaro è il pittore dei carnevali, delle donne languidamente accoglienti, delle immagini di una Napoli dipinta attraverso una pennellata allungata e approssimata o analizzata con accanimento fiammingo, di brani di natura intensamente luminosa e di frammenti urbani strizzati nel buio.
    La personalità di Migliaro emerge pienamente nel dipinto dedicato a Porta Capuana, che oggi riaffiora dopo una lunga assenza, occultato nelle dinamiche del collezionismo. Nell’ultimo intenso raggio di sole calante, il mercato chiassoso, che si svolge addosso e intorno alla porta di fine Quattrocento, offre all’artista l’occasione di appuntare e delineare la miriade di tipi umani che contribuiscono alla raffigurazione di un vero e proprio spaccato di vita popolare.
    Leggermente successivo rispetto alle tele del Museo di San Martino (1887-1893), l’indugiare strettamente analitico di uomini e cose, la scrittura fiamminga ad inchiostro di quei dipinti sono qui attenuati dallo studio della luce, che morbidamente diviene filtro di una nuova visione, in cui prevalgono i toni argentei dei grigi al posto dei neri.
    Su Migliaro, Pica scrisse: “Fino dalle sue prime prove, che richiamarono subito, per una loro nota nuova e tutta propria, l’attenzione dei competenti su di lui e lo fecero, diciottenne appena, vincitore di un concorso nazionale, egli si applicò a raffigurare sulla tela o sulla carta, con segno minuzioso e leggiadro e con colorazione calda e smagliante, se anche talvolta un po’ troppo bituminosa, i tipi, specie femminili, della plebe napoletana, accortamente precisati nelle attitudini caratteristiche delle persone e nelle espressioni rivelatrici dei volti e gli episodi movimentati della vita per le strade, sotto i più varii effetti di luce diurna o serotina”
     (Pica 1916, p. 183).

    Isabella Valente

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Informazione asta 26/05/2012 18:00