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ASTA 141 23.11.2019 19:00 NAPOLI Visualizza le condizioni

IMPORTANTI DIPINTI DEL XIX SECOLO PROVENIENTI DA PRESTIGIOSE RACCOLTE PRIVATE

ESPOSIZIONE:
da sabato 16 a venerdì 22 Novembre 2019
ore 10:00 - 20:00
domenica 17 Novembre:
10:00 - 14:00 / 16:00 - 20:00
  • Brancaccio Carlo (Napoli 1861-1920)
    Marina
    olio su tela cm 37,5x62,5
    firmato in basso a destra: C. Brancaccio
    Stima minima €3000
    Stima massima €4000
  • Migliaro Vincenzo (Napoli 1858 - 1938)
    L'attesa
    olio su tavola, cm 25,5x20
    firmato in basso a destra: Migliaro
    a tergo timbro Galleria d'Arte Serio, Napoli

    Raffaello Causa paragonò sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso Vincenzo Migliaro ad un vero e proprio reporter, e questa intuizione fu in effetti davvero felice. L’artista infatti fu al suo tempo come tutt’oggi molto noto per i suoi scorci della città di Napoli, indagata senza alcuna concessione alla folkloristica piacevolezza di cui andavano in cerca i collezionisti ma senza nemmeno cedere al pietismo nei confronti della miseria imperante fra i vicoli più soffocanti della città, come appunto sono un imparziale osservatore saprebbe fare.
    L’opera proposta forse non può collocarsi esattamente all’interno della città partenopea, eppure condivide con alcune visioni di essa date dal Migliaro la condizione di squallore eppure di non totale rassegnazione, poiché c’è sempre in fin dei conti una speranza, come quella qui della donna che attende il ritorno del suo compagno, avviato verso il mare per la pesca giornaliera (a giudicare dal suo abbigliamento).
    Stima minima €3000
    Stima massima €5000
  • Irolli Vincenzo (Napoli 1860 - 1949)
    Figura femminile
    olio su tela, cm 48x32
    firmato in basso a sinistra: V. Irolli
    Stima minima €2000
    Stima massima €3000
  • Laezza Giuseppe (Napoli 1835-1905)
    Strada di campagna
    olio su tela cm 34,5x61,5
    firmato in basso a destra: Gius.Laezza
    Stima minima €2000
    Stima massima €3000
  • Siviero Carlo (Napoli 1882 - Capri 1953)
    Il foulard rosso
    olio su tela, cm 95x69
    firmato in alto a destra: Siviero

    La multiforme e ricca attività artistica di Carlo Siviero non può prescindere dal suo ugualmente febbrile lavoro di critico (che, oltre a farlo apparire su testate importanti quali “Il Mattino” ed “Il Messaggero”, produsse “Questa era Napoli”, un omaggio testuale, carico di preziose testimonianze, alla grande scuola artistica partenopea fra tardo Ottocento ed inizio Novecento), dai molti incarichi di docenza nonché dall’organizzazione di esposizioni di grande prestigio che il nostro intraprese con la sincera intenzione di valorizzare quanto in arte si fosse fatto ed ancora si facesse nella città di Napoli (fu lui ad esempio a donare il bronzo “L’idolo” di Achille D’Orsi al Museo Nazionale di San Martino).
    Come tanti suoi contemporanei Siviero abbandonò precocemente gli studi in contrasto con i desideri paterni per dedicarsi all’arte, ricevendo i primissimi insegnamenti dal pittore Enrico Rossi, suo parente. Particolarmente significativa per la sua formazione fu poi l’iscrizione alla Scuola Serale Operaia di Disegno (sita al tempo presso San Domenico Maggiore), ove fu allievo di Tommaso Celentano (per il quale il nostro spese in seguito molte, affettuose parole) e Stanislao Lista: gli insegnamenti poco ortodossi di questi maestri, nonché il lavoro previsto per gli studenti presso la Fonderia Corradini, indirizzarono Siviero verso i temi sociali dell’operaio e della macchina; ugualmente poco accademico (e molto moderno) fu il suo gusto per i paesaggi da ritrarre, tipicamente barche ancorate al porto piuttosto delle usuali e più convenzionali vedute col Vesuvio sullo sfondo. Solo più tardi, e brevemente, il nostro risulta effettivo studente del Real Istituto di Belle Arti, ove fu allievo di Domenico Morelli (sulla figura del quale scrisse un volume mai pubblicato) e Filippo Palizzi, alla morte dei quali Siviero preferì evidentemente continuare la propria formazione a Roma; rimase comunque in contatto (e vi strinse un lungo sodalizio) con un terzo mentore, Vincenzo Volpe.
    In effetti la succitata attività intellettuale e non solo strettamente artistica di Siviero favorì una fitta rete di legami che egli tessé con conterranei e contemporanei: gli altri allievi di Celentano (fra i quali Luca Postiglione e Giuseppe Uva), gli studenti dell’Istituto regio (Antonio Mancini e Vincenzo Gemito, al quale il nostro dedicò uno scritto), i compagni delle molte battaglie combattute con la penna, quali Gaetano Esposito, Attilio Pratella, Giuseppe Casciaro; quest’ultimo in particolare fece poi “scoprire” l’isola di Capri a Siviero (ove il nostro poté fare la conoscenza di Massimo Gorki e di altri esuli russi), il quale tanto se ne innamorò da decidere di morirvi nel 1953.
    I ritratti furono le opere di Siviero che più lo portarono all’attenzione della critica e dei collezionisti, fin da quando cioè fra 1909 e 1910 varie sue prove in questo genere pittorico furono esposte in Italia e all’estero (si ricordino qui la Biennale veneziana e il Salon d’Automne di Parigi, fra le altre). Va sottolineata la presenza del nostro oltre i confini peninsulari poiché egli, percependo argutamente l’arretratezza in quanto a correnti artistiche della giovane nazione (in particolare nel Meridione che andava ancora attardandosi sulla tradizione del secolo precedente), decise di viaggiare per l’Europa, in Russia e si spinse in seguito finanche nel continente americano. Al contrario di tanti suoi contemporanei, comunque, non fu Parigi ad influenzare radicalmente l’arte di Siviero quanto Londra (ed in seguito l’Olanda), e già l’opera in asta mostra quanto il suo autore fu debitore nei confronti di John Singer Sargent. Non mancano comunque fra i ritratti esiti meno riusciti (più accademici e convenzionali) e risultati più felici, ove l’ispirazione dell’autore e magari una sua letterale “sympatheia” con il soggetto da rappresentare permise di cogliere di quest’ultimo la peculiare e profonda psicologia; in alcuni dipinti, inoltre, l’attenzione di Siviero pare allargarsi all’ambiente circostante, non limitandosi al solo personaggio da ritrarre, laddove questi è altrove circondato da un’aura “silenziosa” (concretizzata in unico fondo scuro o neutro) che ne esalta la personalità. Procedendo cronologicamente all’interno della produzione ritrattistica dell’autore può infine riscontrarsi una progressiva smaterializzazione della linea disegnativa in favore di una costruzione dei corpi tramite una sapiente uso dei colori, assistendo dunque al superamento della tradizione accademica partenopea ed alla adozione dei più moderni stilemi d’Oltralpe: la grande tela qui proposta ci pare un valido esempio di questa transizione.
    Stima minima €2500
    Stima massima €4500
  • Mancini Francesco detto Lord (Napoli 1830 - 1905)
    Pescando sugli scogli
    olio su tela cm 24,5x38
    firmato in basso a sinistra: F. Mancini
    a tergo timbri e cartiglio Galleria d'Arte Archipendolo, Napoli
    Stima minima €3500
    Stima massima €5500
  • Casciaro Giuseppe (Ortelle, LE 1861 - Napoli 1941)
    Chiesetta ai Camaldoli
    pastelli su carta, cm 35,5x51
    firmato e iscritto in basso a sinistra: G.Casciaro Napoli
    a tergo timbro Raccolta Casciaro, Napoli
    Stima minima €3000
    Stima massima €4000
  • Dalbono Edoardo (Napoli 1841 - 1915)
    Figura sul sofà
    olio su tela, cm 40x27
    firmato in basso a sinistra: E. Dalbono

    Nato in una benestante famiglia di letterati, Edoardo Dalbono ricevette una vasta educazione fin dalla più tenera età, innanzitutto dal padre Carlo Tito, critico e poeta estemporaneo (che pure presentò poi il figlio ai di lui futuri maestri Giuseppe Mancinelli e Nicola Palizzi). Proprio nelle illustrazioni da affiancare ai componimenti paterni, culminanti in seguito in una più ampia opera sulle tradizioni partenopee, Edoardo diede iniziale prova del suo innato talento artistico. Il gusto per il costume popolare finì poi in effetti per accompagnare l’autore per tutta la sua successiva produzione (ricordata tuttavia principalmente per i paesaggi oscillanti fra novella lezione palizziana e sentimento onirico del tardo posillipismo), specialmente a seguito dell’evoluzione cromatica che Dalbono sviluppò nel corso della sua esperienza col gruppo della Scuola di Resina; l’appartenenza alla Repubblica di Portici (come fu solito chiamarla Domenico Morelli) fu inoltre per il nostro ancora più significativa se si considera il fatto che proprio Giuseppe De Nittis presentò Edoardo ad Adolphe Goupil, il celebre mercante francese che addirittura volle tenere l’artista sotto contratto d’esclusiva per ben nove anni: le figure del popolo tipicamente dalboniane finirono dunque con ogni probabilità per moltiplicarsi, poiché è noto quanto il collezionismo internazionale amasse e ricercasse piacevoli scenette di genere dal sapore folkloristico.
    L’opera proposta seguì appunto con ogni probabilità l’esperienza di Dalbono a Resina ed il suo contatto col mercato d’Oltralpe, se qui l’impianto disegnativo dell’autore (maturato come s’è detto con la sua attività di illustratore ed in seguito di grafico) va smaterializzandosi in veloci pennellate lineari e piccole macchie di colore, secondo un fare ora vagamente impressionista che tradisce la conoscenza degli esiti pittorici coevi francesi diretta o per lo meno mediata dagli artisti porticesi, senza contare l’influenza che su Dalbono ebbe pure modo di esercitare Mariano Fortuny i Marsal, raffinato pittore spagnolo presente appunto a Portici nel 1874.
    Stima minima €2500
    Stima massima €4500
  • Pratella Attilio (Lugo di Romagna, RA 1856 - Napoli 1949)
    Mummare
    olio su tavola, cm 21,5x35
    firmato in basso al centro: A. Pratella
    Stima minima €4000
    Stima massima €6000
  • Pratella Attilio (Lugo di Romagna, RA 1856 - Napoli 1949)
    Marina con barche
    olio su tavola, cm 23x35
    firmato in basso a destra: A. Pratella
    Stima minima €3500
    Stima massima €4500
  • Scoppetta Pietro (Amalfi, SA 1863 - Napoli 1920)
    Venditrice d'arance
    olio su tela, cm 42x24,5
    firmato, datato e iscritto in basso a destra: P. Scoppetta Amalfi 95

    Ci si potrebbe forse azzardare a parlare di una certa inquietudine nell’animo di Pietro Scoppetta, come se egli avesse una innata esigenza di muoversi incessantemente, così come rapido fu sempre il suo tratteggiare i propri soggetti sui supporti via via di varia natura.
    Nativo di Amalfi, Scoppetta infatti solo brevemente studiò (dopo aver abbandonato l’idea di far carriera da architetto, come avrebbe desiderato il padre) presso Maiori sotto la guida di Gaetano Capone prima e di Giacomo di Chirico poi, risultando iscritto al Real Istituto di Belle Arti di Napoli già nel 1878: questa precoce formazione si basò come è ovvio immaginare sul nuovo approccio al soggetto artistico che, a partire soprattutto dalle idee di Filippo Palizzi e Domenico Morelli, andava rigorosamente ritratto dal vero. Agli inizi del penultimo decennio del secolo Scoppetta comunque già si trasferì a Roma, ove agli studi seguì l’inizio della sua attività come grafico ed illustratore che in qualche modo avrebbe poi influenzato tutta la sua produzione artistica successiva. Non molto tempo dopo un nuovo spostamento segnò il ritorno nella nativa cittadina costiera, dove il comune gli fornì uno studio presso l’Hotel dei Cappuccini.
    Fino a quel momento le opere di Scoppetta si rifecero sostanzialmente alla grande tradizione pittorica dell’Ottocento napoletano (come abbiamo accennato), dividendosi fra paesaggi particolarmente attenti alla lezione romantica e sognante della Scuola di Posillipo e più schiette e popolaresche scene di costume, cui chiaramente appartiene l’opera proposta. La rapida pennellata tuttavia già rivela la natura genuinamente impressionista dello stile dell’autore, rafforzata dall’attenzione al tratto lineare che gli impose il suo mestiere di grafico ed illustratore; la tavolozza di Scoppetta infine, proverbialmente consistente in pochi colori, risulta qui invece ancora piuttosto ricca, segno con ogni probabilità di una più rigorosa rappresentazione del vero durante questa prima fase produttiva.
    Stima minima €4000
    Stima massima €6000
  • Di Chirico Giacomo (Venosa, PZ 1844 - Napoli 1883)
    Giochi di bimbi
    olio su tavola, cm 40x31,5
    firmato in basso a sinistra: G. Di Chirico

    Di origini venosine, Giacomo di Chirico nacque in una famiglia dalla non facile situazione economica (come tanti altri artisti del tempo), che s’andò ulteriormente ad aggravare con la precoce morte del padre allorché il futuro artista aveva appena tre anni. Aiutato inizialmente dal buon cuore di alcuni concittadini (forse i celebri Nitti), Giacomo s’impiegò appena possibile come barbiere (mestiere che mantenne fino ai vent’anni circa), già mostrando tuttavia, stando alle fonti, una spiccata dote artistica nel ritrarre figure (forse i clienti) e paesaggi dal vero: compiuti dunque i primissimi studi in materia sotto la guida del fratello maggiore (di ben venti anni!) Nicola, modesto scultore, il nostro risulta iscritto al Real Istituto di Belle Arti di Napoli nel 1866 grazie al mantenimento fornitogli dal municipio di Venosa (qualche anno dopo sarà economicamente sostenuto anche dalla Provincia); nella nuova città Giacomo comunque non s’accontentò dei soli precetti accademici (principalmente impartitigli da Gennaro Ruo), ma prese a frequentare lo studio dello stimato pittore Tommaso De Vivo (ove conobbe Gaetano Capone, cui si legò in una duratura amicizia) nonché le lezioni universitarie di Francesco De Sanctis, ben inserendosi insomma nell’intero ambiente culturale partenopeo (non limitandosi cioè a quello strettamente artistico) tramite una rete di vari legami con luminari e personaggi celebri dell’epoca.
    Queste prime influenze pittoriche furono tuttavia presto superante nel clima di grande fermento artistico che imperversava nella Napoli del secondo Ottocento: Domenico Morelli e Filippo Palizzi infatti già avevano messo in atto una vera e propria rivoluzione nel gusto dell’epoca, e di lì a poco avrebbero anche riformato l’impianto dell’accademia cittadina. Giacomo di Chirico dunque s’avvicinò ad entrambe queste personalità artistiche, privilegiandone ora l’una ora l’altra: sono ad esempio spiccatamente morelliane le sue prime opere storiche, o l’Orazio Flacco di stile neopompeiano, ma nei dipinti del nostro più celebri pare forse rivelarsi un più profondo influsso palizziano: si parla infatti di scene sì di genere, ma riprese solitamente dal vero osservando usi e situazioni del suo paese natale, Venosa, con una attenzione alla rappresentazione di ogni oggetto e dettaglio minuto che non può non ricordare la “mania” del Palizzi per finanche il più sottile pelo del manto dei suoi caratteristici animali.
    L’opera proposta pertanto appartiene al filone appena descritto, seguendo quella pittura di affetti cara all’autore nel ritrarre tre fanciulli d’estrazione popolare e in abiti squisitamente locali, colti probabilmente in una pausa giocosa (il bambino sulla destra pare schizzare con l’acqua di fonte le sue compagne, che si proteggono) dagli affanni della vita quotidiana. Questo tipo di lavori di Giacomo piacque molto al celebre mercante francese Goupil, il quale ne comprò molti portandoli con sé all’estero: questa coincidenza, felice per l’artista, disperse tuttavia una certa parte della sua opera, già di per sé non ricca a causa purtroppo della prematura scomparsa del Di Chirico, così che ritrovare oggi sul mercato un suo dipinto può quasi considerarsi un piccolo miracolo.
    Stima minima €2000
    Stima massima €4000
  • Caprile Vincenzo (Napoli 1856 - 1936)
    Venditrice di polli
    olio su tela cm 80x53,5
    firmato in basso a sinistra: V. Caprile
    a tergo cartiglio con iscrizione: Acquisato dalla Società per le BB.AA. ed Esposizione Permanente Milano
    Stima minima €4000
    Stima massima €5000
  • Rossano Federico (Napoli 1835 - 1912)
    Casolare francese
    olio su tavola, cm 35x25
    firmato in basso a sinistra: Rossano
    a tergo timbro Galleria Archipendolo, Napoli

    Nel 1876 il capolavoro di Rossano “Fiera dei buoi a Capodichino”, già esposto pochi anni prima alla Universale di Vienna (ove meritò una medaglia), andò in mostra la Salon di Parigi, aprendo di fatto al suo autore le porte del prestigioso ambiente artistico locale (non dimenticando che perfino il celebre mercante Goupil sponsorizzò i lavori del nostro): Rossano dunque di lì a poco si trasferì nella Ville Lumière, seguendo quanto già fatto dall’amico (e compagno dell’esperienza di Resina) Giuseppe De Nittis.
    Alle ricercate tentazioni della città comunque l’artista preferì seguitare a recarsi nei più isolati e tranquilli dintorni di essa, spesso accompagnandosi al suo nuovo sodale, il barbisonnier Camille Pissarro, lungo i canali del fiume Aisne o presso il piccolo centro di Ville-d’Avray nell’Île-de-France. La Scuola di Barbizon cui Rossano dunque si avvicinò fu assai debitrice nei confronti della lezione di Camille Corot, ed il nostro non fece eccezione nella sua produzione di questo periodo; l’altro modello cui egli guardò nel corso di questa fase artistica fu invece Jean-François Millet, col quale Rossano condivise l’interesse per la vita agreste e semplice dei contadini nelle campagne francesi: l’opera proposta ne è appunto un esempio.
    Stima minima €5500
    Stima massima €7500
  • Carelli Gonsalvo (Napoli 1818 - 1900)
    Sorrento
    olio su tavola cm 48x28
    firmato e iscritto in basso a sinistra: Gonsalvo Carelli Sorrento
    Stima minima €3000
    Stima massima €4000
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