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ASTA N. 128

lotto 55

  • Campriani Alceste (Terni, PG 1848 - Lucca 1933)
    Primavera a Capri
    olio su tela cm 55x72
    firmato in basso a sinistra: Alceste Campriani

    Provenienza: Coll. privata, Napoli

    L’ esperienza artistica di Campriani ebbe inizio nel 1862, anno del suo arrivo a Napoli dopo l’esilio della sua famiglia dalla papalina Umbria a causa degli ideali libertari del padre. Nel già garibaldino capoluogo partenopeo il giovane
    Alceste, tendenzialmente non meno ribelle del suo genitore, si rivelò inadatto agli studi intellettuali tradizionali e fu perciò iscritto all’Istituto di Belle Arti, dove ebbe per compagni personaggi di spicco quali Gemito, D’Orsi, Mancini,
    De Nittis.
    Studente poco incline all’accademismo imperante dell’epoca, Campriani mostrò ben presto simpatie per il naturalismo palizziano, avvicinandosi all’allora nascente gruppo di Resina ma non legandovisi ufficialmente (sebbene un’opera quale
    Capodimonte del 1865 mostrasse inequivocabilmente già la sua propensione ad una rappresentazione luministica dello spazio), non prima almeno del termine degli studi ufficiali conseguito nel 1869 (e dopo anche un soggiorno fiorentino in cui l’artista entrò in contatto con i macchiaioli ed in particolare con Signorini).
    Non è proprio chiaro il motivo per il quale Campriani pare avesse deciso poco dopo il suo diploma di abbandonare la pittura per dedicarsi al commercio, tuttavia è certo che allora si rivelò fondamentale il sodalizio con De Nittis, il quale
    tornando a Napoli da uno dei suoi soggiorni parigini rimase tanto impressionato dai risultati raggiunti all’amico che lo convinse a seguirlo nella Ville Lumière per presentarlo al celebre mercante d’arte Goupil. L’incontro fu davvero felice, se
    il noto negoziante richiese l’esclusiva di tutti i lavori dell’artista per ben quattordici anni. Mentre però è nota ed evidente l’influenza del raffinato ed elegante ambiente cittadino sulla produzione di De Nittis, Campriani rimase sempre fedele a
    se stesso e a quel paesaggismo bucolico che si era impresso nella sua sensibilità artistica sin dai primi tentativi pittorici, esaltato dalle teorie degli scolari porticesi. Tale anzi fu la nostalgia della sua terra e di quelle vedute che frequenti furono i viaggi in Italia, fino ad un ritorno definitivo a seguito della cessione del contratto con Goupil nel 1884. Rimaneva il grande successo internazionale ottenuto dall’artista, i cui quadri erano in bella mostra tanto nelle esposizioni di tutta Europa che nei salotti dei più nobili estimatori d’arte dell’epoca.
    Agli ultimi anni parigini o a quelli subito successivi in Italia (quest’ultimi costellati di partecipazioni alle più importanti esposizioni nazionali) deve forse risalire la tela proposta, raffigurante con ogni probabilità una veduta campestre diCapri (le cui marine si ripresentano spesso nella produzione di Campriani dell’epoca), con i caratteristici mandorli in fiore pure protagonisti di altre opere dell’artista e con la coppia di popolani intenti nel tradizionale intonare musica pastorale suonando due siringhe; soggetto quasi identico (ma assai semplificato) poteva osservarsi in una Pastorella che suona la siringa, documentata fotograficamente ma ormai di ignota ubicazione. La semplicità formale caratteristica
    dell’autore si combina (come in quasi tutta la sua produzione) con la costante attenzione che egli sempre volse alla luce ed i suoi effetti, non esente qui, nell’illuminazione frontale del pieno mezzogiorno che quasi cancella le zone d’ombra,
    dalle influenze del Fortuny, che affascinò evidentemente Campriani (come del resto l’intero gruppo di Resina) durante il soggiorno a Portici negli anni Settanta del secolo; lo spettro cromatico è particolarmente ricco, forse più di molte
    altre tele dell’autore e certamente al livello dei suoi capolavori, con l’ampia gamma dei verdi interrotta dalle molteplici variazioni di tono dell’azzurro, del marrone, del rosa che in particolare screzia meravigliosamente il bianco dei fiori di mandorlo. Si può dunque dire in definitiva che, se c’è tutta una produzione (quella più giovanile) di Campriani dedicata all’avida analisi della realtà ed alla sua resa oggettiva nell’opera d’arte, qui la lezione palizziana è andata
    smorzandosi e raffinandosi, nell’intento di comprendere più poeticamente il paesaggio e di rappresentarne anche il sentimento, l’invisibile, poiché esso, adoperando una felice espressione del critico del tempo Vittorio Pica, «non deve parlare soltanto agli occhi, ma anche all’anima di chi lo guarda».

Estimate €6000 - €10000
Informazione asta 14/04/2018 18:00