Pratella Attilio (Lugo di Romagna, RA 1856 - Napoli 1949)
Panni al sole
olio su tavola, cm 16x31
firmato in basso a destra: Pratella A.
a tergo timbro Galleria V. Loria
Bibliografia: Don Riccardo, Artecatalogo Vesuvio Editorialtipo , Roma 1973, vol. III pag. 210
Emiliano d’origine, Attilio Pratella volle trasferirsi a Napoli rimanendo affascinato dai racconti che circolavano circa la radicale rivoluzione lì apportata nel mondo dell’Arte da Domenico Morelli e Filippo Palizzi, e vi riuscì grazie ad una borsa di studio dell’Accademia di Bologna ove andava formandosi. Sperimentando nel capoluogo partenopeo varie forme artistiche, quali la decorazione su ceramica e l’illustrazione, così da potervisi mantenere, il nostro non mancò di esporre ove possibile le proprie opere pittoriche, fissandosi inizialmente su di un paesaggismo infuso di colori vivaci ed atmosfere trasognate i cui canoni erano stati fissati in precedenza da Edoardo Dalbono.
La svolta stilistica avvenne in Pratella con la visione e l’assorbimento della lezione della Scuola di Resina, in particolare di Rossano e soprattutto di De Nittis, da cui il nostro trasse la costante passione per l’esplorazione di ogni tono di grigio che tipicamente permeò gran parte della sua produzione. Quanto ai soggetti, le vedute di Pratella si focalizzarono ora sugli angoli di Napoli via via perduti nella dilagante urbanizzazione, ora sui luoghi ancora selvaggi della collina del Vomero, ove egli presto si stabilì.
Tanto per stile che per soggetto, dunque, l’opera proposta appartiene a quello che forse può definirsi il periodo migliore della pittura del Pratella. Le lavandaie, ricorrenti allora nei suoi scorci, sono probabilmente alla foce del Sebeto, fiume caro all’autore per la realizzazione delle sue opere.