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  • Celentano Bernardo (Napoli 1835 - Roma 1863)
    Francesco di Paola Borbone Conte di Trapani
    olio su tela, cm 35x20
    firmato in basso a destra: B. Celentano

    Provenienza: Coll. Sellitti, Genova; Coll. privata, Napoli.

    Bibliografia: A. Schettini, La pittura napoletana dell’ottocento, Napoli 1967, p.311; A. Schettini, La pittura napoletana dell’ottocento, Napoli 1973, p.311; Ottocento. Catalogo dell’Arte italiana dell’Ottocento n.24, Mondadori, Milano 1995, p. 95; R. Caputo, La Pittura napoletana del II Ottocento, Di Mauro Editore, Sorrento (NA) 2017, p.20.

    Bernardo Celentano, allievo di Camillo Guerra presso il Real Istituto di Belle Arti di Napoli, fece il suo esordio artistico alla Mostra borbonica del 1851, conseguendo negli anni successivi diversi riconoscimenti. Dal 1852 cominciò a frequentare la scuola privata di Mancinelli, dedicandosi al nudo. A Roma, dove si reca a giugno del 1854 rientrando poi a Napoli a settembre, approfondì lo studio della pittura antica e moderna ed entrò in contatto con Overbeck e i pittori nazareni, essendo amico del pittore Achille Vertunni. A partire dal 1854 Celentano strinse un intenso sodalizio con Domenico Morelli che ne influenzò la maturazione artistica. Con quest’ultimo si recò a Firenze nel ’55 dove frequentò il Caffè Michelangelo e cominciò ad interessarsi alla poetica del “vero”, senza tuttavia rinnegare il bagaglio dell’Accademia: la prospettiva, lo studio delle luci, l’uso di sfondi di paesaggio all’aperto e la cura filologica delle ricostruzioni d’epoca. Nel 1856 in Lombardia e nel Veneto studiò i coloristi del Cinquecento e conobbe Stefano Ussi a Padova e i fratelli Induno a Milano. Tornò a Roma nel 1857 per continuare il Cellini iniziato l’anno precedente, fissando il proprio studio al n.33 di via Margutta. In quel periodo eseguì numerosi ritratti, come quello della Marchesa Ferrarelli e dei pittori Ruggiero e Morelli, senza dimenticare la ricca produzione di quadretti di genere commissionatigli dagli stranieri e che dovette essere per l’artista una fonte cospicua di guadagno.
    In quel periodo, tra il 1857 e il 1859, va collocato il ritratto di Francesco di Paola Borbone conte di Trapani (1827-1892), che era il più giovane dei fratelli di Ferdinando II e zio di re Francesco II, che seguirà con i gradi di generale a Gaeta, rimanendogli fedelmente accanto fino al crollo del Regno delle Due Sicilie. (Cfr. R.M. Selvaggi, I Borbone. Viaggio nella memoria 1734-1861. Album di famiglia, Mostra Belvedere di S. Leucio 2000/2001, foto in b/n a p.104).
    Mentre il Morelli si rifugiava nell’interpretazione poetica dei fatti storici e religiosi, in quell’atmosfera di leggenda di cui sapeva avvolgere i suoi racconti, e il Toma trovava nella narrazione di un fatto contemporaneo la possibilità di far coincidere la descrizione realistica con l’emozione di sentimenti attuali, e il Palizzi si contentava di copiare umilmente la natura contrapponendo la semplicità d’una foglia alle macchine accademiche, il Celentano continuava a dibattersi nell’equivoco, in una posizione antistorica, consumandosi nel vano tentativo di adattare la nuova alla vecchia pittura.
    Dal 1860 cominciò ad approfondire lo studio delle espressioni psicologiche dei suoi personaggi, passando dalle grandi composizioni a scene concentrate con pochi personaggi e alle rappresentazioni d’interni avvicinandosi al Toma. La sua opera più importante, Il Consiglio dei Dieci, fu esposta a Firenze nel 1861, consacrando il Celentano fra i più moderni pittori di storia.
    All’Esposizione Universale del 1867 fu inviata l’ultima sua tela incompiuta, il Tasso a Bisaccia.

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Informazione asta 20/06/2020 18:00