Viti Eugenio (Napoli 1881 - 1952) Paesaggio con nudo olio su tela cm 60x81 firmato in basso a destra: Eugenio VitiDiplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel 1906, Eugenio Viti ebbe come principali maestri Vincenzo Volpe e Michele Cammarano, dal secondo dei quali (un docente particolarmente duro, stando a quanto riportato dalle testimonianze) ereditò un certo interesse per i chiaroscuri della tradizione pittorica secentesca, attenzione che si fece via via sempre più forte fino ad improntarvi la maggior parte della propria produzione artistica nel corso degli anni Trenta del ventesimo secolo; fino ad allora questa tendenza rimase per lo più sopita o almeno coesistente con una ricerca luministica e cromatica dal sapore secessionista e talvolta espressionista: già nell’anno successivo al suo diploma infatti Viti fu a Roma e ivi vide opere delle precedenti Secessioni mitteleuropee, il cui spirito riportò a Napoli allorché nel 1909 fu organizzatore, membro della giuria ed espositore della prima mostra del gruppo definito “dei Ventitré”.Dei lavori di Viti presentati a questa appena succitata Prima Esposizione Giovanile non abbiamo sufficienti testimonianze, se non i titoli; non è pertanto da escludersi in toto che l’opera in asta, finora inedita, possa appartenere a quell’elenco (si potrebbe pensare a “Crepuscolo”), poiché essa è comunque da ascriversi probabilmente alla prima fase artistica del suo autore, che perdurò fino a tutto il secondo decennio del Novecento con alcuni stralci nel terzo, eppure è proprio con queste opere più tarde che possono forse rintracciarsi maggiori comunanze: si guardi, oltre che ad alcuni piccoli nudi, soprattutto alla celebre sovrapporta del Circolo Artistico Politecnico di Napoli, la cui datazione fu all’inizio erroneamente fissata al 1912 e solo più tardi corretta al 1928 (una di poco precedente redazione dello stesso soggetto, dalle ascendenze vagamente liberty, mostra a sua volta elementi - la pianta in basso a sinistra, ad esempio - ripetuti nella “Fonte delle ninfee” con cui fu esposta a Milano, sebbene di quest’ultima sia stata giustamente sottolineata «una generale intonazione naturalistica, che privilegia le osservazioni sugli effetti luministici e stempera le allusioni simboliste»).