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ASTA 141

lotto 116

  • Mancini Antonio (Roma 1852 - 1930)
    Conchiglie
    olio su tela, cm 101x75,5
    firmato in alto a destra: A. Mancini a tergo iscritto: Conchiglie; timbro
    L'opera è registrata nell'Archivio Antonio Mancini col n. 95(8) 0569AV.

    Provenienza: Moorhead B. Holland, USA; Coll. Pagano, Napoli

    Esposizioni: 1926 Pittsburgh, Csrnegie; 1932 Pittsburgh, Carnegie

    Bibliografia: Pittsburgh 1926, n. 333, ripr. tav. f.t. (Shells); Pittsburgh 1930, n. 13 (Shells); Pandolfini (2 Marzo) 1982, n. 243 ripr.; Ottocento Mondadori 1992, p. 290; Pandolfini (2 Marzo) 1992, n. 243 ripr.; Pandolfini 2018, n.77 ripr.; Roma 2019, p. 486

    Romano ma residente in infanzia a Narni (paese natio del padre), Antonio Mancini si trasferì presto a Napoli forse proprio per intraprendere specificamente studi artistici. In città fu innanzitutto fondamentale per la sua formazione la frequentazione dello studio dello scultore Stanislao Lista, fra i primi (e non sempre gli è stato adeguatamente riconosciuto) a professare la ripresa del vero in arte ad ogni costo (insomma l’abbandono del bello esclusivamente e puramente); ivi Antonio conobbe ideale anche Vincenzo Gemito, suo sincero amico per il resto della vita fra alti e bassi.
    L’effettiva iscrizione al Real Istituto di Belle Arti di Napoli segnò invece l’incontro con un altro grande maestro, Domenico Morelli, verso il quale Mancini conservò sempre una reverenziale ma affettuosa adorazione. Gli insegnamenti accademici indirizzarono il nostro verso lo studio degli antichi e la grande tradizione pittorica locale, così come era previsto dal piano di studi: l’arte pompeiana ed ercolanese, allora arricchita dai nuovi scavi archeologici condotti dal Fiorelli, l’arte sacra delle molte chiese della città, la pittura del Seicento, con Caravaggio ed i suoi seguaci: quest’ultima menzione va fortemente sottolineata poiché la visione dei capolavori del Barocco, unita al contempo all’osservazione di quanto a sua volta andava facendo Michele Cammarano, la cui arte molto piacque al Mancini, determinò in questi una forsennata ricerca del chiaroscuro perfetto che non l’abbandonò mai.
    In tarda età Mancini prese ad affidare la resa chiaroscurale delle sue opere ad una concreta tridimensionalità realizzata sulle tele tramite materici grumi di colore e talvolta di biacca, solitamente divisi fra loro dai segni lasciati da un reticolato che l’autore era solito anteporre al soggetto da rappresentare così come al supporto prescelto, in modo da assicurare il più preciso possibile impianto prospettico; come se le superfici così prodotte non bastassero già di per sé a restituire effetti diversi di luce ed ombra, l’artista spesso prese anche ad inserirvi frammenti di varia natura, ma tutti riflettenti, a ricreare così singoli punti di luce dalla posizione nel dipinto ovviamente a lungo meditata. Tutti questi elementi appena descritti, sintomi come s’accennava dell’ultima e prolifica fase produttiva di Mancini, fanno la loro comparsa nell’opera proposta.

Stima €20000 - €30000
Informazione asta 23/11/2019 19:00