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  • Mancini Antonio (Napoli 1852 -1930)
    Lo spadaccino
    olio su tela cm141x83
    firmato tre volte: A. Mancini

    Provenienza: F. Du Chene de Vere; Raccolta Barone Frankhausen; coll. privata, Modena

    Esposizioni: 1923 Roma , II Biennale; 1928, Londra M.Knoedler & Co; 1928 Milano Castello Sforzesco ; 1950 Milano, Galleria italiana d'Arte; 1999, Galleria d'arte Vittoria Colonna

    Bibliografia: Exhibition of paintings an pastels by Antonio Mancini , at the Galleries of Messers M. Knoedler & Co Londra 1928; Antonio Mancini, testo a cura di E.Somarè Edizioni d'Arte Moderna L'Esame, Milano, 1928 n.17; A. Jandolo, Le Memorie di un antiquario, Casa ed. Ceschina, Mialno 1935, p. 184; Raccolta Barone Frankhausen Galleria italiana d'arte, Milano 1950 n.10 pag. 8 ill;R. Caputo Ottocento Napoletano -Galleria d'Arte Vittoria Colonna, Napoli cat.n.5 1999, tav. a colori n 25 pp 58-59; Finarte Asta 1127 Milano 12 dicembre 2000; C. Virno, Antonio Mancini Catalogo ragionato dell'opera, Roma 2019 vol. I n. 714. pag. 401


    Sebbene Antonio Mancini non godé in vita di cospicue ricchezze, vuoi per le difficoltà ch’egli si trovò ad affrontare, vuoi perché fu sempre più attento alla propria ricerca artistica che al proprio guadagno, non gli mancò mai una certa fama, complici le numerose e prestigiose committenze che lo accompagnarono lungo tutto il corso della sua carriera, conducendolo anche oltre i confini nazionali: i Cahen alla volta di Parigi, la famiglia Sargent e poi quella Curtis in direzione di Londra (ove l’artista poi conobbe la mecenate Mary Hunter, della quale realizzò uno splendido e famoso ritratto). Concluse le varie esperienze estere, Mancini tornò definitivamente in Italia sono agli inizi del ventesimo secolo, intraprendendo una collaborazione col mercante Otto Messinger (in Francia era stato sponsorizzato dal celeberrimo Adolphe Goupil) e con l’industriale Fernand Du Chêne de Vère. L’opera in asta va appunto collocata in questo preciso periodo della produzione manciniana, trattandosi l’uomo ritratto proprio del figlio di Du Chêne de Vère, Ippolito, come riporta Cinzia Virno nel recente e ricco catalogo generale dell’artista da lei curato; la studiosa inoltre ricollega questa grande tela anche alle «opere del periodo Messinger come “L’Alabardiere” e “Il Brindisi”» per via degli abiti indossati dal modello. A tal proposito non va nemmeno dimenticato né sottovalutato l’influsso che in particolare sull’arte di scuola partenopea (e poi romana) esercitò nel tardo Ottocento il pittore spagnolo Mariano Fortuny i Marsal, tra i principali esponenti al tempo del Neosettecentismo (corrente di grande fortuna collezionistica, sponsorizzata fra l’altro anche da Goupil) e ospite proprio presso Portici nel 1874 (anno poi della sua morte). L’attenzione ai costumi antichi dunque, già presente in opere del giovane Mancini (veri e propri capolavori che spesso ritraggono Luigi Gianchetti o Luigiello, modello preferito dell’autore), pare aver affascinato l’artista a lungo e fino alle fasi più tarde della sua produzione, come appunto testimoniano il dipinto qui proposto e le altre suddette opere ad esso collegate.

Stima €30000 - €50000
Informazione asta 10/12/2020 17:00