Il bel dipinto qui presentato fa parte di una tipologia precisa della produzione di Rubens Santoro, la cui origine si rintraccia già negli anni giovanili e che prosegue fino alla piena maturità. Interni di casolari rustici e di cortili che immettono in ambienti quasi bui, dove il pittore può sperimentare le sue eccezionali doti d’artista, dipingendo nel pieno controluce figure dalla precisa identità, come, in questo caso, una mamma che cuce il corredino del suo bambino che dorme accanto in una culla, e un gran numero di oggetti. S’intravedono, infatti, un orcio in terracotta per la conservazione dei cibi secchi, dell’olio o del vino, i panni, due battenti di legno vecchio, tanto cari a Santoro, che ripropone periodicamente nei suoi quadri
quale segno di abilità tecnica.
In questo genere di dipinti, nei quali la luce entra da una finestra posta sul fondo dell’ambiente, delineando appena, come già detto, cose e figure, si riflette la conoscenza della pittura del Seicento napoletano. Nell’opera in questione, databile presumibilmente agli anni Dieci del Novecento, il fiamminghismo del primo periodo napoletano cede il posto a una pennellata meno calligrafica, ma egualmente sapiente nell’estensione a piccole macchie che, una per una, delineano un’ombra, un tocco di luce e ogni minimo dettaglio della composizione, come la malta scrostata dal muro a destra in primo piano.
Isabella Valente