Scoppetta Pietro (Amalfi, SA 1863 - Napoli 1920)
La Parisienne
Olio su tela, cm 26,2×13
Firmato in basso a destra: P Scoppetta
Provenienza: Coll. privata, Salerno; Coll. privata, Napoli
Bibliografia: R. Caputo, La Pittura napoletana del II Ottocento, Di Mauro Editore, Sorrento (NA) 2017, p.381.
Il pittore, nativo di Amalfi, si diede inizialmente agli studi di architettura, abbandonandoli in seguito per formarsi artisticamente sotto la guida di Giacomo Di Chirico. Residente a Napoli a partire dal 1891, ebbe occasione di vivere in un clima di forti movimenti di evoluzione culturale, coincidenti con il mutare della fisionomia urbana a seguito del controverso “Piano di Risanamento” voluto dai Savoia. Da un lato, infatti, si assisteva alla creazione di nuovi quartieri abitativi, e dall’altro alla costruzione di opere pubbliche di grande impatto come la Galleria Umberto I e il Palazzo della Borsa. In questo contesto, Scoppetta si mosse abilmente, dando prova di grande talento soprattutto nella rappresentazione della natia costa di Amalfi e della Valle dei Mulini. Con le sue opere partecipò a diverse esposizioni della Società Promotrice di Napoli. Come altri artisti suoi contemporanei, accanto all’attività pittorica principale, svolgeva una professione alternativa come illustratore per alcune riviste napoletane oltre che per la famosa “L’Illustrazione italiana” edita da Treves. Nonostante il successo commerciale e di critica, che lo portò ad avere in qualità di estimatori delle sue opere il re Umberto I ed il principe di Sirignano, Scoppetta decise di lasciare l’Italia per soggiornare nella capitale francese, dove dimorò tra il 1897 e il 1903, iscrivendosi nella folta schiera di pittori partenopei attratti dalle suggestioni borghesi della Belle Epoque, tra cui ricordiamo Ulisse Caputo, Raffaele Ragione e inserendosi nel filone di quegli artisti italiani filoimpressionisti emuli di Giuseppe De Nittis. Esemplare, in questo senso, è il nostro piccolo olio “La Parisienne” in cui Scoppetta si raccorda con il gusto del pubblico internazionale dell’epoca che sempre più ricercava le animate scene parigine ma anche le eleganti silouette delle donne francesi in pose civettuole e languide, quasi come dei ninnoli privati con cui baloccare almeno lo sguardo. Nella fattispecie, la “nostra” affascinante figura è ripresa nella sua mise invernale, colta come in un attimo di estasi davanti ad una vetrina di qualche importante boulevard. Tale impressione è rafforzata dalla posa, con il capo che piega leggermente in avanti e dalla bocca socchiusa. La stagione è evocata in primis dall’ampio abito drappeggiato, degno dei maggiori couturieres dell’epoca come le sorelle Callot, dallo chapeau ornato di fiori forse della Maison Rouffe Chapeau e Paquin, lievemente poggiato su una testa probabilmente pettinata da Marcel, dal manteau di pelliccia con inserti, dall’ombrellino nero. Il piccolo e brillante orecchino, quasi invisibile, completa la raffinata figura. Contribuiscono a caratterizzare la tipica fredda giornata parigina la pavimentazione sapientemente resa bagnata con particolare virtuosismo.