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ASTA N. 128

lotto 41

  • Costantini Giuseppe (Nola, NA 1844 - San Paolo Belsito, NA 1894)
    Uno scherzo al nonno
    olio su tavola, cm 34x25
    firmato e datato in basso a destra: Costantini 1884

    Provenienza: Coll. De Luzio; coll. privata, Napoli

    Bibliografia: F.C.Greco - M.Picone - I.Valente, La pittura napoletana dell'Ottocento, T.PirontiEditore 1993, n° 98 - ill. a colori

    Figlio di scenografo (il quale aveva realizzato le decorazioni del teatro Verdi di Salerno), Ulisse Caputo si spostò ben presto a Napoli per avviarsi, per volere proprio del padre (e nonostante poi alcuni dissesti finanziari), agli studi
    dell’Accademia di Belle Arti, sotto la guida del Morelli e del Lista. L’impianto accademico venne però in breve a noia al ragazzo, che prese a frequentare piuttosto i più dinamici atelier degli artisti locali, soprattutto quello di Gaetano
    Esposito, scontroso pittore che, coniugando insieme la lezione morelliana e quella realista di Filippo Palizzi, ne aveva portato la ricerca coloristica a livelli ancora ulteriori: attenzione, questa al colore, che influenzerà il giovane Caputo per
    tutto la vita.
    Risale alla fine del secolo la decisione di trasferirsi a Parigi (al tempo centro indiscusso di tutta l’arte mondiale) probabilmente a causa della sostanziale incomprensione cui erano andate soggette le opere del Caputo alle prime esposizioni napoletane (ma anche milanesi) cui egli prese parte. La Ville Lumière fu davvero la svolta per l’artista, che ivi incontrò la sua futura sposa, figlia di Angelo Sommaruga (noto protettore di D’Annunzio), aprendosi così le porte dei circoli intellettuali parigini più esclusivi nonché di quel sistema espositivo dei Salon in cui si succedettero molti
    quadri dell’artista salernitano, tanto apprezzati da finire finanche nei salotti di re ed imperatori (dopo aver conseguito svariati premi).
    Il successo di queste tele si deve tuttavia anche all’amore incondizionato che il Caputo sempre trasmise nel rappresentare i soggetti della maggior parte di esse, quelli legati cioè al teatro ed alla musica, interesse certamente sviluppato sin dalla
    più tenera età al seguito del padre. Tutto di quel mondo egli amò: le architetture e le decorazioni, le luci, il rapporto del pubblico con la ribalta e le ricche mise delle dame ingioiellate alle soirée.
    Questa grande passione di Caputo va tenuta presente anche nell’ammirare questa Inglesina: come è stato giustamente osservato, infatti, ogni quadro dell’autore può essere concepito come proiezione teatrale pur non rappresentandone espressamente gli scenari, e a ben vedere l’affascinante donna raffigurata è abbigliata davvero come se fosse prossima a recarsi alla volta del suo palchetto favorito, non prima però di aver completato quegli ultimi preparativi che danno occasione a Caputo per sbizzarrire la sua raffinata fantasia in tutta una serie di dettagli magistralmente riportati su tela,
    dal piccolo servizio da tè personale alle
    meravigliose collane che tridimensionalmente emergono dall’opera grazie a ricercate pennellate particolarmente materiche, fino alla misteriosa mascherina nera che ha dato nel tempo un titolo
    alternativo al quadro.
    Ad una prolungata osservazione dell’opera si comprende tuttavia come ancor più protagonista della bella damina sia qui quel colore che dall’arrivo a Parigi s’era vivacemente liberato e schiarito (sotto le influenze impressionistiche ormai imperanti) e la cui preziosistica ricerca (che, non smetteremo mai di sottolineare, sempre impegnò il Caputo) non
    fu mai volta esclusivamente alla piacevolezza visiva ma anzi ad audaci dissonanze luministiche (come già al tempo osservò il critico Pica) e appunto cromatiche (di cui L’inglesina è evidentemente felicissimo e significativo esemplare) che permisero all’artista di divincolarsi dai limiti imposti dalla semplice pittura di genere e di elevarsi indubbiamente al di sopra di essi.

Estimate €7000 - €13000
Informazione asta 14/04/2018 18:00