Gaeta EnricoGaeta Enrico (Castellamare di Stabia 1840 - 1887)
L’ingresso di Villa Starace
Olio su tela, cm 105x88
firmato in basso a destra: E. Gaeta
Provenienza: Eredi dell'artista, Castellammare
Esposizioni: Napoli,Associazione “Circolo Artistico Politecnico”, 03 - 14 Maggio 2014
Bibliografia: R. Caputo, La Scuola di Resina nell’Ottocento Napoletano, Grimaldi & C. Editori, Napoli 2013, pag. 168; Ottocento Catalogo dell’Arte Italiana Ottocento - Primo Novecento n. 42, Metamorfosi Editore, Milano 2013, pag. 69; Enrico Gaeta a cura di Rosario Caputo , Ed. Vincent Napoli 2014
A lungo dimenticato anche a causa della relativa esiguità della sua produzione, dovuta senza dubbio ad una fine prematura, Enrico Gaeta sappiamo oggi che fu per pure causo riscoperto da Paolo Ricci, complice un altro grande artista campano, ovvero Vincenzo Migliaro.
Profondamente legato alla nativa Castellammare di Stabia, il pittore pur di rappresentarla si cimentò nel genere del paesaggio nonostante esso fosse al tempo considerato minore, formandosi a Napoli sotto Gabriele Smargiassi e Giuseppe Mancinelli. Un ulteriore ed importante modello fu per Gaeta (e per tanti altri paesaggisti coevi) ovviamente il posillipismo di Giacinto Gigante, ma il nostro vi preferì presto i dittami di Domenico Morelli ovvero l’attenzione al disegno oltre che al puro colore.
Una nuova svolta nello stile dell’artista si registrò allorché il suo nome già era piuttosto diffuso fra critici e collezionisti, complice una solida e costante presenza espositiva: accadde dunque che Enrico si avvicinò agli ideali ed alla poetica della neonata Scuola di Resina, ed in particolare a Marco De Gregorio (il quale farà poi da tramite nell’incontro col gruppo dei macchiaioli toscani). Siamo sul finire degli anni Settanta dell’Ottocento e proprio a quegli anni è databile la serie che il pittore dedicò a villa Starace, considerando che «a partire dal 1878 […] suor Maddalena Starace, fondatrice della chiesa e dell’ordine delle Suore Compassioniste (a cui apparteneva la sorella del pittore, Giovanna), decise di aprire un educandato per le signorine della borghesia stabiese, ampliando la preesistente struttura realizzata nel 1869 che dava ospitalità ai piccoli orfani del circondario» (Caputo).
Definito dunque l’intervallo di tempo in cui con ogni probabilità fu realizzata l’opera proposta, vale la pena sottolineare come in essa siano presenti le assoluti peculiarità pittoriche del Gaeta, quale innanzitutto la celebrata capacità nel riprodurre le mura antiche che occupano le sue scene, rese concretamente anche nelle proprie screpolature grazie al disegno e ad un sapiente uso dell’ocra e più in generale delle varie terre. Trattando di toni poi, non si può certo ignorare la cifra più autentica dell’artista stabiese, che come s’è appena detto è evidentemente presente anche nella tela in asta, ovvero i suoi verdi «cupi e teneri, verdi dorati e vivi, che squillano al sole, rallegrano la boscaglia, riposano all’ombra, si spengono e si rianimano, fra una macchia ed una radura, su cui piomba la luce luminosa del sole di mezzodì».